Storia e Leggenda del Caffè

Le origini del caffè si perdono nella notte dei tempi, tra miti e leggende. Si narra che questa bevanda dal gusto amaro e dalle proprietà eccitanti sia stata scoperta per un semplice caso, oltretutto non dall’uomo… Infatti siamo in debito con le capre. Sì, avete letto bene. Siamo nell’850 avanti Cristo e ci troviamo nella provincia di Kaffa (da qui probabilmente l’origine del nome) in Abissinia, la moderna Etiopia, quando il pastore Kaldi si accorge che il suo gregge di capre si comporta in maniera anomala, diventa irrequieto e insonne, subito dopo aver mangiato le bacche e le foglie di una certa pianta. Incuriosito da questo comportamento, ma non riuscendo a trovare una soluzione, il pastore si convince a chiedere aiuto rivolgendosi all’abate del monastero più vicino per avere delle risposte. L’abate decide quindi di preparare un infuso con i frutti di questo arbusto, delle bacche simili alle ciliegie, scoprendo che tale infuso lo aiuta a rimanere sveglio durante le lunghe preghiere serali. Una volta condivisa la scoperta con i monaci degli altri monasteri, le virtù del chicco di caffè cominciano a diffondersi anche in tutta la penisola araba, attraverso il Mar Rosso.

Dal XV secolo il caffè viene coltivato nello Yemen e nel XVI secolo diventa celebre anche in Egitto, Persia, Siria e Turchia grazie alle caffetterie, (al-maqhah in arabo e qahveh khaneh in persiano), luoghi di socializzazione e di ritrovo tipici delle regioni del Medio oriente dove gli uomini si riunivano per bere caffè, tè, leggere, ascoltare musica, giocare. Il viaggio del caffè prosegue, prendendo nuove rotte grazie alle migliaia di pellegrini che ogni anno visitano la città sacra della Mecca. Nel XVI secolo, in concomitanza con l’espansione dell’Impero Ottomano, il caffè si diffonde nell’Europa sudorientale, arrivando nel nostro paese attraverso il porto di Venezia, uno dei più importanti punti di scambio tra l’Occidente e l’Africa. Proprio a Venezia, nel 1640, apre la prima caffetteria d’Italia e una leggenda narra che Casanova, appena scappato dai Piombi, la prigione nel sottotetto di Palazzo Ducale, non resistendo al profumo e all’aroma della nuova bevanda, si fermi durante la fuga al caffè Florian, per berne una tazza. Eppure i primi contatti con il mondo cattolico non sono così idilliaci, infatti in quanto bevanda di origini musulmane, il caffè viene bandito dal clero che chiede formalmente a papa Clemente VIII (1536-1605) di proibirlo. Il papa decide di assaggiare in prima persona questa nuova bevanda che i Cattolici arrivano a chiamare l’”invenzione di Satana”. Ma dopo l’assaggio Clemente VIII ne rimane deliziato al punto di dichiarare: «Ebbene, questa bevanda di Satana è talmente deliziosa che sarebbe un peccato lasciare che ne facciano uso esclusivamente agl’infedeli. Imbroglieremo Satana battezzandola». Il caffè inizia quindi a collezionare sempre più fan.

Mokhā, città portuale dello Yemen che si affaccia sul Mar Rosso, rimane per lungo tempo il centro nevralgico del commercio mondiale di quello che viene definito come il “vino d’Arabia” dato che lo bevevano continuamente, per tutto il giorno. Ma il monopolio arabo è destinato a finire. Infatti verso gli inizi del XVII secolo, alcuni intrepidi commercianti olandesi riescono nell’ardita impresa di contrabbandare i chicchi di caffè. Proprio a metà del 1600, il caffè viene portato a New Amsterdam, quella che poi verrà chiamata New York dagli inglesi. Alla metà del XVII secolo, Londra conta più di 300 caffetterie e nel frattempo le potenze coloniali iniziano a coltivare le piante di caffè in Sud America, sull’isola di Giava, in Indonesia e in Kenya.

Nel 1732 Bach compone il Kaffeekantate e Beethoven ogni mattina non può rinunciare ad una tazza di caffè preparato con esattamente 60 grani.

Un gruppo di illuministi lombardi, tra cui i fratelli Pietro e Alessandro Verri insieme a  Cesare Beccaria, fonda il periodico “Il Caffè” sulle cui pagine si trattano diversi argomenti come le scienze, le arti, la vita sociale.

Tra la fine del ‘700 e gli inizi dell‘800 a Roma tutti gli artisti si ritrovano al “Caffè Greco”. La bevanda nera è una vera e propria musa ispiratrice, per letterati, giornalisti, musicisti e scrittori.

Balzac che ne beve 50 tazze al giorno, diventa talmente dipendente al punto di scrivere un trattato sul caffè come appendice a un’edizione della “Fisiologia del gusto” del gastronomo Brillat-Savarin. Sempre a proposito del caffè, Balzac scrive: “I ricordi arrivano a passo di carica e insegne spiegate; la cavalleria leggera del paragone parte al galoppo; l’artiglieria della logica accorre con treni e carrozze; lo spirito arriva in gran tiro; le figure si alzano e la carta si copre d’inchiostro”.

Giuseppe Verdi lo definisce balsamo per il cuore e per lo spirito, quando nel XIX secolo è ormai diffuso in tutta Europa. Oggi è la bevanda più bevuta al mondo dopo l’acqua, ma non è il Belpaese il primo consumatore dato che in media consumiamo 5,9 kg a persona all’anno. Sono i finlandesi in cima alla classifica, consumando 12 kg di caffè ciascuno.

È vero però che per noi italiani è il vero protagonista della colazione, ma non solo, è infatti consuetudine berlo anche dopo pranzo e in misura minore dopo cena. Si tratta di un vero rito, anzi di più: è un vero e proprio collante sociale. Il caffè diventa una scusa per incontrarsi, per stare assieme. È un fedele compagno nei momenti difficili, ci tira su quando siamo giù, ci aiuta a concentrarci e ad affrontare anche le giornate più complicate, come i lunedì.

Il gusto è amaro ma ha un cuore dolce, pensiamo infatti all’istituzione tutta italiana del ‘caffè sospeso’. A Napoli, agli inizi del XX secolo, in un periodo di ristrettezze economiche, chi poteva permetterselo, quando beveva un caffè al bar ne pagava due, lasciando così un caffè “sospeso” già pagato per i più poveri.

Il caffè è un trasformista infatti non è veramente color caffè fino a quando i semi verdi non vengono tostati diventando color “manto di monaco”. A proposito di tostatura, quest’ultima è infatti importantissima perché incide molto sul gusto finale del caffè.

E ricordate: quando siete al bar, il bicchiere d’acqua che accompagna la tazzina va bevuto prima in modo da pulire la bocca e assaporare al meglio tutte le note aromatiche. Una volta finito potete anche dilettarvi nella caffeomanzia, l’arte di leggere i fondi del caffè.